Titolo: Sfiorare la vita

Autore: Victoria

E-mail: drusy83@yahoo.it

Spoiler: Nessuno. Accenni a "I Will Remember You"

Seguito di: "Qualcosa che prima non c’era"

Riassunto: Nello scontro con Glory, Buffy ha perso Dawn, e ora deve tirare avanti con questo rimorso e il dolore per il fatto che Spike è ridiventato un demone e non ricorda nulla del periodo trascorso con lei. Ma le cose stanno per cambiare radicalmente…

Disclaimer: Tutti i personaggi descritti non sono di mia proprietà, ma di Joss Whedon. Qui sono utilizzati per mio esclusivo divertimento, e senza alcuno scopo di lucro.

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2008

Il vampiro che l’aveva attaccata esplose in centinaia di migliaia di granelli di polvere, la ragazza bionda si rialzò senza dire una parola, si rassettò il cappotto e si avviò verso casa senza sorridere. Da troppo tempo aveva dimenticato come si faceva.

Erano passati sette anni da quando aveva sconfitto Glory, ma purtroppo la dea era ugualmente riuscita ad uccidere la piccola Dawn, che lei avrebbe avuto il compito di proteggere. Ma non l’aveva fatto, non abbastanza, e ora sua sorella era morta.

I suoi amici, invece, c’erano tutti, chi un po’ ammaccato, chi con un braccio rotto, ma c’erano tutti.

Willow e Tara, che continuavano a vivere insieme, Xander e Anya, che si erano sposati da poco, e infine Giles. Il suo Osservatore aveva qualche ruga in più, è vero, ma in sostanza era rimasto lo stesso. Solo lei era cambiata.

Non si trattava soltanto della morte della madre e di Dawn, a così breve distanza. A trasformarla era stata soprattutto la nascita di William.

Sua figlia.

Aveva voluto chiamarla così anche se era una femminuccia.

Era il nome del padre. William Summers, aveva scritto nella lettera Spike, era il nome che avrebbe desiderato portare, e la loro figlia lo meritava.

Era successo tutto quando Spike era diventato umano, contagiato da una specie di folletto che trasformava le Cacciatrici in demoni e, a quanto pare, i demoni in esseri umani.

Purtroppo, per un vampiro, o un essere umano che è stato vampiro, avere l’anima è una sofferenza enorme, così Spike non ce l’aveva fatta, e aveva invertito l’incantesimo. Non solo era ridiventato un Non Morto, ma aveva perso anche completamente la memoria, dimenticando per sempre gli splendidi momenti che aveva vissuto con Buffy e con Dawn, con le quali aveva formato una famiglia felice, e ridiventando il demone sprezzante e crudele che era quando era arrivato a Sunnydale.

Tutto questo era accaduto proprio il giorno in cui Buffy si era accorta di essere incinta, e la neomamma non aveva mai avuto l’occasione di confidarglielo.

Con Willow sì, ne aveva parlato, le aveva spiegato tutto e, siccome tutti sapevano che quando era diventato umano Spike era andato a vivere da lei, quando la bambina era nata con quei magnifici occhi azzurro cielo e lei l’aveva chiamata, nonostante fosse femmina, William, chi fosse il padre era apparso lampante.

Poi gli anni erano passati, e niente d'importante era accaduto.

Buffy aveva fatto il possibile per non incontrare mai Spike, durante le ronde ma, quando accadeva, l’atteggiamento arrogante e indifferente del vampiro, che certamente non ricordava nulla, la faceva soffrire ancora di più.

Per fortuna, le era almeno evitato di doverlo uccidere, perché, anche smemorato, Spike aveva pur sempre il microchip, quindi non poteva far del male a una mosca.

Nel frattempo, la bambina era cresciuta, e non aveva mai fatto domande sul padre, tanto per lei era naturale vivere solo con Buffy.

Spesso si faceva vedere anche Angel, che era tornato da Los Angeles appena aveva saputo della morte di Dawn, e sulle prime era rimasto sconvolto nel trovare quella che ricordava come una ragazzina con tanto di figlia al seguito. Ma per fortuna non c’erano state scenate. Amarezza, forse, nel profondo di entrambi i cuori, anche perché Angel era geloso che Buffy ricordasse quando Spike era diventato umano, ma non quando lo era diventato lui, tanto tempo prima, sempre a causa di un altro demone, ma non gelosia.

Ormai non appartenevano più l’una all’altro, era un dato di fatto.

William, dal canto suo, adorava il vampiro, e insieme si divertivano sempre un mondo. Buffy era contenta che fosse così, ma avrebbe voluto vederla giocare sulle ginocchia di un altro vampiro.

Che però non avrebbe dovuto essere tale.

E ogni volta che la bambina la guardava, con quegli occhioni così grandi, tondi come la luna, azzurri come acqua sorgiva, rivedeva quell’altro paio di occhi, che nei sogni continuavano a tormentarla.

Nel frattempo, loschi figuri in eleganti e compassati completi neri si aggiravano nell’oscurità dei vicoli della Bocca dell’Inferno, sussurrando tra loro a bassa voce un nome, un nome solo, sempre lo stesso: William.

Nonostante la sua preoccupazione, perché temeva che i demoni la prendessero particolarmente di mira, Buffy fu costretta a mandare a scuola la figlia, quando compì sei anni, e fu proprio sulla via del ritorno da scuola che la piccola si sentì chiamare da una voce dall’accento sconosciuto e un po’ buffo.

"Bambina! Bambina! Vieni qui!", disse la voce, che sembrava appena dietro di lei. "Bambina! Bambina!"

William, curiosa, seguì il richiamo, che sembrava non avvicinarsi mai, e arrivò che era ormai buio fino alle soglie del cimitero di Sunnydale.

"Bambina! Bambina!", chiamò ancora la voce, che pareva provenire da una squallida cripta polverosa là in un angolo.

William esitò. Forse doveva tornare a casa, dove la mamma stava sicuramente preoccupandosi. E poi quel posto non era granché bello, e una vocina nella sua testa le diceva di stare in guardia e di fare attenzione. Ma lei non aveva paura, così alzò il mento con aria di sfida ed entrò nella cripta.

I suoi occhi impiegarono un po’ di tempo ad abituarsi alla totale oscurità che vi regnava, e quando ci riuscirono lei intravide una figura, appoggiata al muro. Un manichino con i capelli biondi acconciati come quelli della sua mamma. Buttati per terra, tutt’intorno, c’erano un sacco di disegni fatti a mano che sembravano ritrarre proprio la sua mamma, addormentata e appena un po’ più giovane.

Nell’angolo inferiore destro c’era un nome, vergato con un carboncino nero così stinto che era difficile leggerlo.

William faticò non poco, anche perché non sapeva ancora leggere bene, ma finalmente riuscì a decifrare "Spike". Buffo, come nome. Chissà cosa ci faceva tutta quella roba lì, al cimitero? E chissà chi era Spike?

"Ciao", disse la voce che l’aveva chiamata, e lei finalmente vide a chi apparteneva. Era un ragazzo magro, vestito di nero, con la pelle bianca, i capelli platino e un paio di occhi azzurrissimi identici ai suoi. "Tu devi essere la piccola Summers."

"Ciao. Io mi chiamo William." La bambina sentiva una simpatia istintiva per quel tipo che, lo sapeva per certo, doveva essere l’autore dei ritratti, colui che si firmava Spike.

"William? Non conosco molte bambine con questo nome."

"Io invece conosco molti cani che si chiamano Spike", ribatté pronta lei.

"Okay, okay, ho capito. Sei peggio di tua madre, lo sai? E come fai a conoscere il mio nome?"

"Tu come fai a conoscere mia madre?"

"D’accordo, messaggio afferrato, niente domande, però devo dirti una cosa importante, quindi apri bene le orecchie e ascoltami."

 

– 2016 – otto anni dopo

Una William quattordicenne e fischiettante si avviò verso casa. Anche quel giorno era passata da Spike, prima di tornare a casa da scuola. Dal loro primo incontro, non c’era stato giorno che, anche ammalata, non gli facesse visita. Naturalmente Buffy non ne sapeva nulla. Spike era stato irremovibile quando lei gli aveva chiesto se poteva parlargliene, e le aveva fatto quasi paura, con quella luce decisa negli occhi.

Quegli occhi che in qualche strana maniera somigliavano tanto ai suoi.

Da allora, da quel giorno, la sua vita era cambiata.

Anche la vita di Buffy era cambiata, e parecchio, in quegli ultimi anni. Dalla nascita di William, i suoi poteri di Cacciatrice, le sue capacità extrasensoriali, avevano cominciato a scemare, se n’era accorta. Ma mai come quella mattina si sentiva esausta.

La notte prima era stata a caccia, e un vampiro per poco non l’aveva uccisa. Per fortuna, lottando con lei, aveva perso la nozione del tempo, e non si era reso conto dell’avvicinarsi dell’alba, che era sopraggiunta uccidendolo e salvando Buffy, tutta pesta e dolorante, viva per miracolo.

A complicare le cose, da qualche anno ormai, William aveva preso ad uscire la sera tardi per tornare – spesso – solo la mattina dopo, e diventava ogni volta assolutamente irreperibile, come se si volatilizzasse.

Anche se gli attacchi del regno delle tenebre si erano fatti meno pressanti, Buffy continuava ad essere una madre ansiosa, nonostante alla fine permettesse alla figlia di uscire ogni volta che glielo chiedeva, per poter fare la ronda in pace. William non sapeva di avere una madre Cacciatrice. E Buffy non sapeva molte cose di William.

A volte accadeva che la ragazza non dormisse a casa nemmeno una sera in tutta la settimana, ma Buffy non poteva rimproverarla, perché le capitava la stessa cosa.

Quella vita, madre e figlia inseparabili durante il giorno, ognuna per proprio conto la notte, continuò a lungo, finché…

Finché Buffy, un giorno, fece un sogno orribile. Sognò di andare a fare la ronda e di venire uccisa da un vampiro con un occhio solo, stile Capitan Uncino, che le saltava addosso da dietro.

Si svegliò sudata, ansante, ma doveva andare. Lo sapeva.

Baciò William, che dormiva come un angioletto, e si avviò al cimitero.

Quando il sole tramontò, lei era già lì, appoggiata ad una lapide, che aspettava il primo vampiro che si fosse fatto vedere, per ucciderlo o essere uccisa, non aveva importanza. Perché aveva una sacra missione da portare a termine, e l’avrebbe fatto.

Finalmente un Non Morto la attaccò, credendo di aver rimediato la cena, e lei lo polverizzò.

Continuò a lungo, per tutta la notte, e si era ormai convinta che il sogno dovesse rimanere un semplice incubo, non una premonizione da Cacciatrice, quando sei o sette vampiri la assalirono contemporaneamente, in gruppo, capeggiati da quello con un occhio solo, che le diede spietatamente addosso da dietro.

E lei seppe che non si era trattato di un semplice incubo.

Buffy continuò a lottare con furia, perché era pur sempre la Cacciatrice, ma il vampiro la immobilizzò e si preparò a morderla. Buffy chiuse gli occhi.

"Fermo là!", intimò una voce che Buffy conosceva bene.

Poi le due si trovarono faccia a faccia e, dimenticato per un attimo il vampiro, si fissarono sbalordite.

"Mamma!"

"William! Che ci fai qui?"

Ma era una domanda inutile, perché la ragazza aveva un paletto in una mano e una balestra nell’altra. Nessuno sapeva meglio di Buffy a cosa serviva quell’equipaggiamento.

William uccise il vampiro in pochi secondi, poi gli altri fuggirono. Dopo un breve inseguimento, tornò accanto alla madre.

"Mamma! Stai bene? Ma cosa fai al cimitero a quest’ora?"

"Cosa faccio io? Quello che ci fai tu! E da molto più tempo!"

"Eh? Tu Cacciatrice? Ma dai! Non posso essercene due, me l’ha detto Spike."

"Spike? Cosa c’entra lui? Come sai che è tuo…"

"Be’, suppongo che anche tu abbia un Osservatore."

"Spike un Osservatore? Mi prendi in giro? Lui… è un vampiro!"

"Anche Angel è un vampiro."

"Ma lui ha l’anima."

"Spike ha un chip, ed è la stessa cosa."

Buffy rimase per un attimo interdetta, rendendosi conto che tanti e tanti anni prima aveva avuto quasi la stessa conversazione con Dawn.

"Ma Angel non pretende di mettersi a fare l’Osservatore."

"Neanch’io l’ho preteso. Mi hanno semplicemente annunciato, con la loro bella faccia tosta, che lo sarei diventato; e io non ho potuto farci niente", annunciò Spike, uscendo dall’ombra. Osservò il cronometro che teneva in mano ed ammiccò rivolto a William. "Ottimo tempo. Anche meglio di quello di ieri."

Alla sola vista di lui, Buffy arrossì violentemente, ma si riprese subito.

"Spike! Che fai qui anche tu?"

"Direi che ci abito. Se non l’hai notato questo è il cimitero, e io sono un vampiro."

Buffy gli si avvicinò, sibilandogli all’orecchio, furente:

"Io e te dobbiamo parlare."

"William, ti dispiacerebbe dare la caccia a quelli che sono scappati?"

"Ma Spike, ormai saranno… Okay, okay, parlate pure senza di me!", brontolò la ragazzina.

"Mi ricordo tutto", disse Spike, appena William fu scomparsa.

"Cosa?" Gli occhi di Buffy brillavano di lacrime.

"L’attacco del demone, il periodo in cui sono stato umano, la nostra vita insieme, tutto."

"Ma com’è possibile?"

"Il Consiglio degli Osservatori. Appena è nata William, decisero che saresti stata troppo indaffarata con lei per poter salvare il mondo a tempo pieno. Non sei più una Cacciatrice, Buffy. Sei libera dalla tua sacra missione. Adesso la Prescelta è William."

"Ma perché hanno scelto te come Osservatore? Sei un vampiro!"

"Xander una volta l’aveva sognato, che sarei diventato Osservatore, ricordi? A quanto pare non solo le Cacciatrici hanno le premonizioni. E poi non mordo più sul collo. Ho il microchip. O meglio, avevo. Me lo disattivò uno stregone, molti anni fa, per ordine del Consiglio stesso. Ma naturalmente io allora non lo sapevo, che erano stati loro. Credevo fosse merito delle mie minacce. In ogni caso, anche senza chip, ho continuato a comprare sangue di maiale dal macellaio, ed è per questo che mi hanno scelto. Era una specie di prova. Nel momento stesso in cui sono diventato uno di loro, mi è tornata la memoria."

"Allora saprai anche che William…?"

"Sì, lo so. E sono contento che si chiami così e abbia i miei occhi."

Buffy finalmente lo abbracciò.

"Sono così felice!" Gli poggiò la testa contro la spalla e pianse, ma la pelle di Spike era fredda al tocco, e le lacrime di lei non erano tutte di gioia. "Vorrei… Sarebbe un sogno se tornassi a vivere a casa mia. Tutti e tre noi, insieme, come tanti anni fa." Buffy rise. "Mi rendo conto di parlare come una vecchietta, ma, insomma, accetti?"

E così ricominciò la vita di tre persone che avrebbero dovuto essere una famiglia e somigliavano soltanto ad una parodia di essa. Due Cacciatrici e un vampiro. Buffy aveva finalmente raccontato tutto a William, che l’aveva presa molto bene, forse perché si era già affezionata al vampiro biondo.

Tutto andava a gonfie vele, perché stavolta Spike era sereno, e gli veniva risparmiato il tormento dell’anima. Anche Buffy aveva ripreso a sorridere, e tutti insieme si davano la buonanotte la mattina presto, al ritorno dalla ronda, a cui nessuno dei tre avrebbe mai rinunciato, e il buongiorno al tramonto, quando cominciavano le loro attività notturne.

Un giorno Spike, raggiante, corse da Buffy, la abbracciò, e le comunicò che aveva trovato, nel diario di uno degli Osservatori che l’avevano preceduto, un incantesimo per…

"Fammi indovinare. Ritornare umano? Non è che va a finire come l’altra volta?"

"No, non ritornerei umano. Riavrei soltanto la vita."

"E che differenza c’è?"

"Che non sarei più a temperatura ambiente, mi nutrirei di cibo comune, potrei girare alla luce del sole, invecchierei con te," le diede un bacio. "Ma non avrei l’anima."

"Davvero? E cosa aspettiamo? Chiamo subito Willow, che ci sistemerà l’incantesimo in un batter d’occhio." Dopo un attimo, rabbuiandosi. "Non è che succede un altro macello? Non voglio lo stesso scherzetto dell’altra volta."

"Non ti preoccupare, l’unico "ma" è che può essere compiuto solo in occasione di un allineamento particolare delle stelle, che si verifica soltanto una volta ogni cent’anni. Tuttavia, la fortuna vuole che esso cada nella notte di domani, quindi andrà tutto alla perfezione!"

"William, stanotte dovrai andare in pattuglia da sola. Te la senti?"

"Certo, Spike. Ma perché non verrai?"

Spike le raccontò dell’incantesimo, e della speranza di riavere la vita, e la ragazzina si emozionò tanto che quasi non voleva andarci neanche lei, a caccia, quella notte. Ma Spike conosceva il dovere di un Osservatore.

"Se fai così vorrà dire che dovrò venire anch’io, non potrò fare l’incantesimo e rimarrò un vampiro per sempre."

"D’accordo, d’accordo, vado."

Poi Willow e Tara arrivarono, e cominciarono a prepararsi per il rito. Con gli anni, i loro poteri di streghe erano aumentati, e ci misero un attimo.

Le parole latine dell’incantesimo rimbombarono nella testa di Spike, che si faceva sempre più pesante.

"Che bello!", pensava William. "Quando tornerò a casa Spike sarà vivo, col cuore che batte e tutto il resto!"

Tutta immersa in questi pensieri, non si accorse di un’ombra furtiva che le si avvicinava alle spalle, finché non le piombò addosso.

"Sei mia, Cacciatrice!", disse la vampira. William era impreparata e si lasciò buttare a terra.

In casi del genere, arrivava Spike, pronto, col suo paletto in mano, polverizzava l’aggressore e rimbrottava affettuosamente la sua protetta. Ma adesso, per la prima volta, Spike non era lì con lei.

La vampira le assestò un colpo tremendo sul polso, e il paletto le cadde di mano.

Fortunatamente, William riuscì a scaraventare lontano la Non Morta con un calcio, ma il suo vantaggio durò poco. Non era ancora abbastanza esperta per combattere disarmata.

A poca distanza da lei, ma sempre troppa per la giovane Cacciatrice in pericolo, c’era Buffy, che stringeva la mano di Spike per incoraggiarlo mentre il rituale proseguiva.

Le due streghe stavano per pronunciare le ultime parole della formula, quando Buffy cacciò un grido:

"William!", e corse via.

Quando arrivò al cimitero e sentì il silenzio insolito che era sceso su quel luogo di morte, Buffy ebbe una stretta al cuore.

Sapeva cosa avrebbe trovato, appena girato l’angolo, ma la scena la scioccò comunque.

Una vampira era china sul corpo immobile della sua bambina, il viso affondato nella piega indifesa del collo.

Il paletto giaceva, abbandonato e inutile, pochi metri più in là.

Buffy lo raccolse con gesto deciso e, guidata dalla disperazione di una madre che sta perdendo la figlia, lo conficcò nel cuore della vampira che stava ancora bevendo. La Non Morta fece in tempo ad alzare il viso verso di lei, e Buffy vide gli occhioni neri di Drusilla fissarla quasi con stupore prima di polverizzarsi.

Si chinò sulla piccola William, strappò con i denti un brandello del suo abito da sera più bello, che aveva indossato in onore del ritorno alla vita di Spike, e glielo avvolse attorno al collo per fermare il sangue.

William era immobile, eterea nel contrasto tra il pallore mortale della pelle e le perle purpuree che le fiorivano dal collo, come una farfalla rossa abbandonata ad ali dischiuse nella neve candida.

Accarezzandole il volto, Buffy le promise che sarebbe andato tutto bene, che si sarebbe ripresa alla grande, ma contemporaneamente piangeva, sentendo il calore fluire via dalla carne ormai rigida.

Dopo quella che parve un’eternità, da dietro le sue spalle giunse un singhiozzo soffocato. Una lacrima vermiglia solcò la guancia di Spike, che le era corso dietro appena si era ripreso dallo stordimento in cui l’incantesimo interrotto lo aveva gettato.

A quel suono, Buffy non si mosse, ma la sua voce giunse, tremante ma chiara nel silenzio sospeso.

"È stata Drusilla."

Spike non rispose, ma chinò il capo sospirando.

"L’ho uccisa", disse Buffy, in un tono di sfida malamente incrinato dal pianto.

"Hai fatto bene, e io avrei fatto lo stesso."

Spike si allontanò nella notte, non riuscendo a resistere a quel quadro di dolore, prima con passi cadenzati lenti di mestizia, poi di corsa, come se si temesse inseguito dal fantasma della figlia o dell’antica compagna. Ma i nomi che sussurrava a fior di labbra mentre correva non erano quelli di William e di Drusilla. "Willow! Tara!" mormorava ininterrottamente, come una cantilena di cui non conoscesse neanche il significato.

Buffy rimase immobile, forse non si accorse nemmeno che Spike se n’era andato, forse non si era neanche realmente accorta che ci fosse mai stato. Continuava a stringere le membra gelide di William, come se volesse trasmetterle il proprio calore.

Era ancora abbracciata al corpo esanime della figlia, quando sentì un fremito sotto di sé, come una farfalla che sbatte le ali per la prima volta, e la ragazzina riprese calore, le guance le si colorirono e il cuore ricominciò a batterle.

"William, tesoro mio, sei viva!"

"Mamma! Che è successo? L’ultima cosa che ricordo è che Spike mi aveva mandato a pattugliare da sola perché Willow e Tara dovevano eseguire quell’incantesimo per ridargli la vita, e…"

Fu a queste parole che Buffy si rese conto della ragione della resurrezione della figlia.

E dell’enormità del sacrificio compiuto da Spike nell’immolare quella vita che era riuscito quasi a riacquistare, e infine solo a sfiorare.

Subito lo rincorse, insieme con William, per ringraziarlo, e assicurargli che, se possibile, lo amava ancora di più.

Raggiunse la casa di Willow e Tara.

"Dov’è Spike?", chiese ancora prima di entrare. "Dov’è?"

"È andato via, subito dopo averci aiutato ad effettuare l’incantesimo su William. Ha detto che aveva degli affari da sbrigare. Ha detto che andava al porto."

"Spike? Spike? Dove ti sei cacciato?", gridava Buffy nella notte nera, senza ottenere risposta.

Finalmente lo vide. Era di spalle, e procedeva a passo svelto sul molo, senza voltarsi indietro.

"Spike! Spike, fermati, aspettami!"

"Buffy! William! Allora l’incantesimo ha funzionato!" Il vampiro le abbracciò entrambe.

"Volevamo ringraziarti, e sei scappato via. Mi hai ridato la vita."

"Sciocchezze."

"So quanto tenevi a riaverla per te, e questo ti fa solo più onore.", disse Buffy, baciandolo. Poi vide la valigia che aveva in mano. "Dove stai andando?", chiese.

"Non lo so ancora. Probabilmente tornerò in Europa, nella mia cara e vecchia Londra, a vivere di ricordi."

"Ma come, non stavi bene con noi? Perché vuoi andartene?", domandò William.

"Non ho più alcuna ragione per restare. Non sono più un Osservatore, perché tu eri comunque morta, e un’altra è stata chiamata. Riprendo ad essere un semplice vampiro come milioni d’altri."

"No, tu non sarai mai un semplice vampiro. Sarai sempre il vampiro che mi ha ridato la vita!", gli assicurò William, prendendolo per mano e riconducendolo a casa.

"E poi chissà, tra un secolo potrai sempre ritentare quell’incantesimo!", tentò di scherzare Buffy.

Fine?