Titolo: Qualcosa che prima non c’era

Autore: Victoria

E-mail: drusy83@yahoo.it

Pairing: Buffy/Spike

Spoiler: Le prime cinque stagioni di Buffy.

Timeline: Dopo la puntata "Intervention".

Disclaimer: Tutti i personaggi descritti non sono di proprietà mia, ma di Joss Whedon. Qui sono utilizzati per mio esclusivo divertimento, e senza alcuno scopo di lucro.

Feedback: Sì, per favore!

 

Buffy stava tornando a casa dalla ronda, la strada dietro di lei cosparsa di mucchietti di cenere. Ormai era quasi l’alba, e i vampiri stavano rintanandosi per uscire allo scoperto solo col calare della notte seguente, perciò aveva un po’ calato la guardia e canterellava tra sé e sé, quando le giunse, indistinto, un fruscio.

Istintivamente, si fece scivolare in mano il paletto, che teneva infilato nella manica, si voltò e attese per quella che le parve un’eternità. Un cespuglio vicino cominciò a fremere, finché ne uscì una bestiola buffissima, con delle grandi orecchie e il naso schiacciato, la pelle verde e rugosa e gli occhi sporgenti. A dispetto di un’apparenza tanto innocua, l’animaletto trotterellò verso Buffy e l’attaccò con forza selvaggia, tentando di morderle una gamba, perché non era più alto di mezzo metro. La Cacciatrice lo tenne lontano col paletto, benché fosse chiaro che non si trattava di un vampiro, ma dopo qualche istante il piccolo animale riuscì a buttarla a terra e cercò di graffiarle il viso con gli unghioni, che scintillavano come fossero fatti di metallo. Buffy gli torse la zampetta così forte che gliene spezzò uno, ma non avrebbe potuto resistere ancora per molto, se una voce in quel momento tanto cara non avesse esclamato:

"Ehi, cos’è quella roba, Cacciatrice?"

"Spike, dammi una mano!", chiamò Buffy.

Il vampiro, con tutta calma, prese per la coda la piccola belva e la tenne sollevata così per qualche attimo, dando a Buffy il tempo di rialzarsi. Rapidamente, però, prima che Spike potesse rendersene conto, l’animale si rivoltò su se stesso e fuggì, lasciandolo con un braccio insanguinato e una manica del cappotto stracciata.

"Ahi!", protestò Spike. "Vorrei proprio sapere che razza di animali da compagnia ti scegli, Cacciatrice! Non potresti tenere un cane come fanno tutti?"

"Ma che cos’era? Non ho avuto neanche il tempo di guardarlo bene."

"Io una cosa la so: aveva grosse unghie taglienti!"

Solo a queste parole, Buffy si accorse della ferita di Spike. "Oddio, che è successo? Ti fa male? Meglio vedere se Giles può curarti il braccio e dirci qualcosa di più su questa… questa cosa. E poi è quasi l’alba, devi trovare un posto dove rimanere tutto il giorno e…"

Spike si girò verso di lei, inarcando il sopracciglio sfregiato come per invitarla a continuare.

"Be’, ti ringrazio di avermi salvato la vita!", disse Buffy tutto d’un fiato. Spike sorrise. Per poter sentire quelle parole dette da quelle labbra, il braccio se lo sarebbe anche mozzato. Ma ormai era l’alba, e aveva molto sonno. Anzi, si sentiva la testa pesante, molto pesante, e aveva un po’ di vertigini.

"Ecco, sì, sì, somigliava a questo!" Buffy aveva riconosciuto la "cosa" che l’aveva attaccata in un’illustrazione di uno dei libri del signor Giles. Questi si aggiustò gli occhiali sul naso e scorse silenziosamente la didascalia dell’immagine, rabbuiandosi man mano che andava avanti.

"Be’, si può dire che si tratti di una tragedia sventata: quella – come hai detto tu – "bestiola" è un demone chiamato Silver, che ha le unghie fatte d’argento, imbevute di un veleno che sulla Cacciatrice ha l’effetto di…"

"Mi lasci indovinare", lo interruppe Buffy. "Eliminarla?"

Giles la fissò a lungo, come restio a dirle ciò che sapeva. "No, Buffy, non eliminarla."

"Insomma, cosa ci può essere di più terribile dell’essere uccisi?"

"Essere uccisi e continuare a vivere. Il veleno di quel demone trasforma le Cacciatrici in demoni."

Buffy inghiottì.

"Comunque non c’è problema, no? Non hai neanche un graffio…", disse Willow.

"A proposito di graffi," Spike era rimasto nell’ombra per tutto quel tempo, e si erano quasi dimenticati di lui. Si voltarono tutti a guardarlo, fissando con orrore il sangue sul suo cappotto lacero. "Se il ferito in questione è già un demone, che succede?"

Giles lo fissò a lungo. "Potrai dircelo solo tu. Non ci sono mai stati casi del genere."

"I nuovi demoni creati in questo modo possono essere di varie specie, nessuno è ancora riuscito a capire cosa trasformi una Cacciatrice in un demone e un’altra in un altro completamente diverso. Forse dipende anche dallo specifico Silver, chissà? In ogni caso, c’è un unico modo per ucciderli: qualche lama, coltello, pugnale, o qualunque oggetto d’argento, dritto nel cuore. In questo caso tutto viene annullato, torna tutto com’era prima, ma la Cacciatrice in questione… perde del tutto la memoria, non ricorda ciò che è avvenuto né prima né durante la trasformazione. In casi simili, il Consiglio degli Osservatori chiama un’altra Prescelta, ritenendo morta la prima. Questo è tutto quello che sono riuscita a trovare.", disse Willow, osservando i volti degli amici e di Tara oltre lo schermo del piccolo computer.

Spike la fissava con gli occhi sbarrati. Aveva cominciato ad essere strano, nelle ultime due ore. E non aveva più detto una parola, neanche mentre Giles gli fasciava stretto il braccio per far cessare l’emorragia e Buffy, ancora riconoscente, gli porgeva una tazza da tè piena di sangue scuro e denso, per fargli recuperare tutto quello che doveva aver perso.

"Spike? Che hai?" Gli occhi del vampiro apparivano fissi in un punto vuoto, fissi su qualcosa di invisibile a tutti gli altri, azzurri e spalancati come fanali nel pallore del volto, ancora più bianco del solito.

"Spike? Ti senti bene? Che cosa ti sta succedendo?" Buffy si avvicinò per scuoterlo da quella specie di torpore, ma Spike scattò in piedi, fissando su tutti e su nessuno quello sguardo vuoto.

"Devo… andare… devo andare… a casa!"

"Come a casa? Non puoi andare alla tua cripta, è giorno, finirai arrostito!" La Cacciatrice tentò di afferrarlo per il cappotto, ma lui si liberò con una piroetta e la osservò come se non la conoscesse.

"Non capisci! Non posso restare qui!", spiegò con lo stesso tono che avrebbe usato con un bambino che faccia domande sciocche. "Devo andare a casa!", ripeté recisamente. Prima che chiunque avesse il tempo di trattenerlo, schizzò fuori dalla porta, e Buffy lo vide incredibilmente correre via, apparentemente indenne, sotto la luce crudele del sole.

Si slanciò subito al suo inseguimento, ma presto si accorse di averlo perso. Allora si avviò alla sua cripta, sperando di trovarlo lì, ma non c’era, non era da nessuna parte, né al cimitero né altrove. Improvvisamente si sentì svuotata. Era possibile che fosse veramente morto? Che non lo avrebbe mai più sentito esclamare *Sangue infernale!*? Che non si sarebbe mai più sentita salutare con un gioioso *Buongiorno, Cacciatrice!*? Che non l’avrebbe mai più salvata dai pasticci che lui stesso combinava? Che non le avrebbe mai più sbattuto in faccia che l’amava ed era disposto ad abbandonare le forze del Male per lei? Buffy aveva sempre sostenuto di odiarlo, di disprezzarlo, lo aveva sempre picchiato e maltrattato, ma aveva sempre fatto affidamento su di lui. Spike era il vampiro che l’aveva ridicolizzata facendosi costruire un sex robot uguale a lei, ma anche quello che si era lasciato torturare per non rivelare il nome di Dawn a Glory.

Improvvisamente si rese conto che la terra le era mancata sotto i piedi, esattamente come quando Angel era partito per Los Angeles. Eppure lei non amava Spike! No?

Il problema non si pone, perché adesso è morto!, pensò, quasi sollevata di non dover approfondire la questione, ma con un groppo in gola che pareva non andarle né su né giù.

"Cacciatrice? Psst! Cacciatrice?"

Buffy si voltò nella direzione da cui proveniva la voce. Sembrava Spike, ma non poteva essere. Era pieno giorno, e poi lui era morto più di una settimana prima. Dawn aveva anche pianto, quando aveva saputo della fine del vampiro biondo, lei no. Non perché non le dispiacesse, ma perché ormai era abituata a perdere chi le stava intorno. Prima Angel, poi sua madre, ora Spike. Solo che stavolta si era sentita anche un po’ in colpa, perché forse avrebbe potuto trattenerlo, impedirgli quel gesto, se avesse dato ascolto al suo cuore, invece che alla sua mente e alla sua Sacra Missione. Perché ora, solo ora che l’aveva perso, solo in quel modo crudele, si era resa conto di quanto avesse significato per lei averlo accanto per tanti anni, quasi un fratello, attraverso tante disgrazie e battaglie difficili.

Poi, riflettendo, si rese conto che non era mai stato così. Spike non era mai stato un fratello per lei. E nemmeno un amico. Era passato di botto dal ruolo di peggior nemico a quello di… cosa? Buffy non lo sapeva. Sapeva solo che, se avesse potuto tornare indietro, alla notte fatidica in cui le si era dichiarato, le cose sarebbero potute andare diversamente.

Scuotendo la testa come per scacciarne quei pensieri inutili, si diresse guardinga verso una figura acquattata nell’oscurità di un vicolo buio, una figura vagamente familiare, vestita di bianco e con degli occhiali da sole così grandi che le nascondevano quasi interamente il viso.

"Chi siete?", chiese, accigliandosi. "Come fate a conoscermi?" In genere solo i vampiri usavano l’appellativo di ‘Cacciatrice’.

"Sangue infernale, Cacciatrice, come sarebbe a dire *come fate a conoscermi?*? Sei addirittura passata a darmi del voi?", esclamò il Sanguinario, contrariatissimo.

"Spike?" Buffy non cercò di trattenere il tremolio nella sua voce, per la verità non vi fece neanche caso. Si slanciò verso di lui e, percorrendo d’un balzo la distanza che li separava, gli gettò le braccia al collo. Senza rifletterci, senza pensare a niente se non al fatto che, in qualche modo, non era morto.

"Aspetta!", tentò di avvertirla Spike. "Prima c’è qualcosa che hai il diritto di sapere!"

Ma Buffy non lo stava ascoltando. Lo abbracciò, tirandosi subito indietro con un grido di spavento. Scuoteva la testa, incredula.

"Ecco, io ho cercato di avvertirti! Te l’avrei detto, se me ne avessi lasciato il tempo… È tutto così strano!"

"Cosa? Cosa è strano? Perché sei diventato caldo?"

"Perché… perché tutti gli esseri umani lo sono. Ecco, l’ho detto! Sei la prima persona a cui ho trovato il coraggio di dirlo."

"COSA? Tutti… gli esseri… umani… dunque tu… saresti…?"

"Sì. È successo tutto così velocemente che non… mi trovo… spaesato. Sono cambiate tante cose, in me, che non ci capisco più niente."

"Ti credo! Ma non parliamone qui! Dawn è andata da Willow, mentre non c’ero, abbiamo casa mia tutta per noi."

"Adesso spiegami con calma cosa è successo." Buffy gli si sedette accanto sul divano, tenendosi a distanza di sicurezza, imbarazzata e intimidita.

"Ecco, innanzi tutto adesso bevo solo aranciata. Poi, per la prossima estate ho un mezzo progetto di abbronzarmi. Infine, nello specchio ha fatto capolino un tizio che non vedevo da parecchi anni." Spike sorrideva, ma nel suo sguardo c’era qualcosa di triste e malinconico.

"Ma è fantastico!"

"Sì, lo è davvero.", acconsentì con voce atona.

"E perché hai aspettato una settimana a farti vedere… così?"

"Be’, avevo bisogno di… tempo per pensarci su. Sai, non è facile…"

"Cosa?"

"Voi – cioè, noi – esseri umani abbiamo anche un’anima, no?"

"E con questo?"

"Be’, ti sei mai chiesta perché gli zingari, per punire Angelus non trovarono di meglio che fargli riavere la sua?"

Buffy si accigliò. Non era abituata a parlare con tanta calma dell’alter ego malvagio dell’unico uomo che aveva amato in tutta la sua vita. Perché Riley non l’aveva amato veramente, no, era stato solo un modo per dimenticare. Poi una vocina nella sua testa le sussurrò che, dopo di Riley, c’era stato ancora qualcun altro, e lo sguardo percorse la figura magra che aveva di fronte, ma subito si riscosse, perché Spike aveva ripreso a parlare.

"Mentre ero con voi, che cercavate notizie su quel demone, il Silver, mi fischiavano le orecchie, perché il sangue cominciava lentamente a circolare in me. E sentivo un battere di tamburi, nella mia testa, come i passi di un gigante, prima lenti poi sempre più veloci, finché divenne un ritmo sfrenato e bellissimo, come una danza antica. Solo dopo molto tempo mi sono reso conto che era il mio cuore che si rimetteva in moto. Ma qualcos’altro si è fatto pian piano strada nel mio cervello, qualcosa di cui non mi era mai reso conto. Ero un assassino, una creatura mostruosa, uno sterminatore di innocenti. E quella consapevolezza – tanto più orribile perché veritiera – mi era data dalla mia anima che riprendeva possesso del mio corpo.

"D’un tratto, desideravo solo interrompere quello strazio, quella marea di sensazioni così strane, nuove per me. Così sono uscito alla luce del sole, ma non mi sono fatto niente. All’inizio il calore era quasi insopportabile, e credevo di essere sul punto di evaporare come nebbia, ma poi si è smorzato e mi sono reso conto che la mia trasformazione era completa.

"Da allora mi nascondo – vivo ancora nella solita cripta, solo che adesso mi sembra più lugubre – e cerco di sopravvivere allo schifo che mi faccio. Non ho nemmeno il coraggio di riprovare a farla finita."

Buffy stava fissandolo. Quello era Spike? Quel ragazzo che le parlava di coscienza e rimorso?

"Sono patetico, eh?"

"No. Io non ti trovo patetico. Ti trovo… umano."

"Sai, è buffo, anch’io la penso così." Spike tentò un timido sorriso.

Rimasero in silenzio per altri lunghi istanti.

"Dunque, adesso ti batte anche il cuore?"

Spike annuì. Si era tolto gli occhiali da sole, e i suoi occhi apparivano più grandi e più azzurri che mai.

"Posso sapere se… batte per qualcuno?" La voce di Buffy si era fatta piccola piccola. Perché si sentiva così intimidita da questo uomo nuovo che si accorgeva di non conoscere, ma di apprezzare ancora più del vampiro che l’aveva salvata?

Gli occhi di Spike erano fissi sulla punta delle sue scarpe. Poi li sollevò di colpo, puntandoglieli in volto.

Buffy non vide il suo movimento, tanto fu veloce. Seppe solo che ad un tratto due labbra morbide si erano premute sulle sue, con una dolcezza infinita ma anche tanta decisione. Per un momento si assaporarono a vicenda, senza tentare di rompere o approfondire quel bacio, poi Spike puntò le mani contro le spalle di lei e si staccò dalle sue labbra, mentre le bocche di entrambi venivano invase da un senso di vuoto e di perdita spaventoso.

"Mi dispiace, Cacciatrice. So che non avrei dovuto farlo, ma l’ho fatto."

Buffy si toccò le labbra, confusa, poi lo baciò a sua volta. Il secondo, fu un bacio passionale e divorante, che faceva promesse pericolose. Lui sapeva di cioccolata e di qualche altra cosa calda e dolce, che doveva essere il suo stesso sapore. Le loro lingue cominciarono a duellare, avvolgendosi l’una intorno all’altra, come fiamme di un fuoco inestinguibile e divorante, un fuoco che ardeva profondamente dentro di loro. Spike le prese il volto tra le mani, lei gli si attaccò alla nuca, in un tentativo disperato di stare sempre più vicini.

E per farlo c’era un’unica maniera. Buffy cominciò a sbottonargli la camicia – non l’aveva mai visto con una camicia bianca –, mentre lui le sfilava la maglietta da dietro.

Quando il giovane si sentì tra le mani la pienezza dei suoi seni, si staccò da Buffy, mentre le mani di lei gli percorrevano il torace liscio, seguendo i segni delle costole e le cicatrici lasciate da Glory, giungendo febbrili fino alla cerniera dei suoi jeans.

"Aspetta!", la bloccò Spike. "Sei sicura di volerlo? Perché adesso posso ancora trattenermi, ma poi non riuscirò più a fermarmi!"

Buffy lo fissò per un momento, poi si chinò sulla sua lampo, mentre lui le baciava il collo, lo sterno, i capezzoli, l’ombelico, e infine ancora più giù, cominciando ad ammucchiarle la gonna in grembo.

Buffy gli prese la testa e la tenne contro di sé, cullandolo come un bambino. Spike la prese in braccio e la portò in camera sua, dove l’adagiò sul letto, inginocchiandolesi accanto. Terminò di spogliarla e rimase un attimo così, seduto sui calcagni, a contemplarla, mentre lei gli tendeva le braccia per riavere la sua bocca su di sé.

L’ex-vampiro l’accontentò e, mentre le succhiava un seno, le infilò la mano tra le gambe, accarezzandola dolcemente. Buffy s’irrigidì. Angel. Non poteva fargli questo. Ma le dita di Spike erano abili, e presto dimenticò tutto e gli si abbandonò totalmente. Spike insinuò con delicatezza un dito dentro di lei, e una scintilla divampò nel suo intimo, accendendole i nervi più riposti, ed ella gemette come un animale ferito.

Spike aggiunse un altro dito, e lei gli si aggrappò ansimando, con gli occhi spalancati, piagnucolando come un animale agonizzante.

"Spike?", chiamò incerta.

"Shh, Cacciatrice."

Spike aggiunse un terzo dito, e Buffy esplose, frantumandosi in coriandoli che vennero spazzati via dalla tempesta di passione che li avvolse. Gli conficcò le unghie nella schiena, stringendolo a sé con la forza che solo una Cacciatrice possedeva.

"SPIIIIKE!"

"Va tutto bene, piccola. Non avere paura." Così dicendo, s’immerse dentro di lei, perdendosi nei meandri del suo corpo e venendone come purificato, lavato.

Ma quell’istante prezioso durò un attimo: poi il peso della sua anima tornò a schiacciarlo, e Buffy, mentre lo sentiva sospirare, capì che non sarebbe mai stato completamente suo.

"Buffy? Sei in casa?"

"Oh, no! È Dawn! Non deve trovarci così!"

Spike rotolò via da lei di malavoglia, mentre i passi sulle scale diventavano sempre più vicini.

Buffy chiuse la porta con due giri di chiave, ma Dawn la udì.

"Buffy? C’è nessuno?"

"S-sì, s-sono in camera." Perché diamine la voce si ostinava a tremarle?

"Perché ti sei chiusa dentro?"

"Sto… sto facendo delle ricerche su un demone – un gran brutto demone! – e non voglio essere disturbata."

"Come vuoi. Però al telefono c’è il signor Giles che chiede di te."

"Digli che… che sono subito da lui. Ma devo prima fare una doccia."

"Okay."

Buffy guardò Spike.

"Devi venire con me. Anche gli altri, in fondo, si sono rattristati quando hanno creduto che tu fossi morto."

Spike non disse niente, e la fissò con aria canzonatoria, come per smentirla affettuosamente ma inesorabilmente. Tuttavia, dopo quello che c’era stato tra loro, non le avrebbe negato nulla.

"Ti crea problemi, se non vengo?", le chiese in tono serio.

Buffy annuì.

"Allora sono qui. Ne ho abbastanza, di problemi."

"Ciao, Buffy, ciao, Spike. Entrate." Giles sembrava non aver neanche notato l’assenza di quello che continuava a credere un vampiro. "Spike?!" Dopo un attimo tutti gli occhi furono puntati contro di lui. Ancora vestito di bianco, assomigliava ad un angelo, pensò Buffy. Ormai era completamente cotta. Aveva scoperto un ragazzo sensibile nel cuore di un demone crudele. Di un ex demone crudele.

"E questa è tutta la storia.", disse pacatamente Spike, dopo aver narrato a tutti come si fosse trasformato in un essere umano.

"Incredibile! Dunque il veleno, che trasforma le Cacciatrici in demoni, ha l’effetto contrario sui demoni, cioè li trasforma in persone comuni. Interessante!"

"Già." Spike ebbe un pallido sorriso. Buffy, seduta in braccio a lui, giocherellava con una ciocca dei suoi capelli. Dopo aver creduto di averlo perso per una settimana, ricercava continuamente il suo contatto, fosse anche lo sfiorargli un dito. Alla fine del pomeriggio, ognuno tornò a casa sua, e Buffy si offrì di ospitare Spike; lui tentò di rifiutare:

"Tua sorella ha bisogno di te. Non posso toglierle una cosa tanto preziosa."

"E dove avresti intenzione di andare? Al cimitero? Avanti, vieni da me, quella cripta va bene per un vampiro."

Dawn strillò deliziata quando vide Spike, e anche lei, facendo per abbracciarlo e scontrandosi col suo nuovo calore, venne a sapere tutta la storia. Era raggiante, e ci volle tutta l’autorità di entrambi per convincerla ad andare a letto.

"Ci sai fare, tu.", disse semplicemente Buffy, vedendolo riuscire nell’arduo compito.

"Già." Spike, ancora assente e fondamentalmente triste, s’illuminò per un attimo. "Vuoi vedere che riesco a mettere a letto anche l’altra sorella?" La prese in braccio e, tra le sue proteste, la portò sul letto ancora sfatto da quando lo avevano lasciato poche ore prima. Ma rimaneva sempre una parte di Spike inappagata, insoddisfatta, impregnata di un dolore profondo che avrebbe potuto solo essere lenito, mai guarito.

Passarono i giorni. Le cose per i tre andavano benissimo. Neanche una lite, si stava tutti quanti allegramente insieme, e ormai Spike faceva parte della famiglia. Era tanto tempo che in quella casa mancava un uomo che tirasse avanti la baracca, ed ora sia Buffy che Dawn si sentivano sollevate di essere state scaricate da un simile gravame. Spike faceva da marito, padre, fratello e confidente, e lui e Buffy si erano appropriati del letto matrimoniale che era stato di Joyce. Erano tornati una famiglia normale, padre, madre e una figlia, e così trascorsero in totale armonia qualche mese.

Ma Spike era sempre più triste e abbattuto e, se Buffy gli chiedeva cosa avesse, rispondeva invariabilmente:

"Niente, solo un’anima che mi rinfaccia dei delitti atroci. Non riesco a capacitarmi di aver ucciso degli innocenti."

Un giorno che Dawn era andata a dormire da un’amica, Buffy preparò una cenetta squisita a lume di candela. Era una sorpresa, perché a Spike non aveva detto niente. Avrebbe trovato tutto organizzato in gran segreto quando fosse tornato. Tornato da cosa, poi, Buffy non lo sapeva. Sapeva solo che in quegli ultimi giorni era spesso fuori casa, sempre triste. A volte diceva di non avere niente, e si sforzava anche di sorridere. Quasi sempre, dissimulava tutto questo alla perfezione, mentre era con lei o con Dawn, ma appariva sempre come divorato da un dolore interno e implacabile, un qualcosa di inarrestabile che lo consumava da dentro.

Quel giorno, uscendo di casa, aveva detto che aveva bisogno di riflettere un po’, parole che in quel periodo ripeteva abbastanza spesso. Ma quel giorno era diverso dagli altri, per Buffy. Lei doveva dargli una notizia importante, che di sicuro gli avrebbe risollevato il morale. Sorrise sorniona, canterellando una ninnananna che le aveva cantato, a suo tempo, sua madre, poi si toccò piano, delicatamente, la pancia.

Buffy tirò fuori il servizio buono, quello che avevano regalato a Joyce per il matrimonio. Erano posate intarsiate d’argento, magnifiche, contate esattamente per due. Fu per questo che notò subito che ne mancava una. Era strano, sua madre non le aveva mai usate. Che le avessero rifilato un servizio incompleto? Poi le venne in mente un piccolo particolare: parole sconnesse cominciarono a galleggiare nella sua testa, parole non legate da alcun filo logico: argento… demone Silver… anima… non farcela… Cosa c’entrava una posata con un’anima? E un’anima con un demone? E Spike con tutto quello? E perché non era ancora tornato?

Buffy cominciò a piangere silenziosamente, mentre si infilava il cappotto e usciva, col grembiule ancora addosso, per andare a cercarlo. Sapeva dove trovarlo. Si diresse al cimitero.

"Spike? Spike?", chiamava, inutilmente. Solo l’eco le rispondeva. "Spike, dove sei? Ti prego, non fare sciocchezze!"

Un vampiro la attaccò, e lei lo uccise quasi senza accorgersene, passando oltre, continuando a chiamarlo.

Finalmente una voce chiese:

"Cerchi me, Cacciatrice?"

Una figura vestita di nero, con la pelle bianca come il marmo e i canini animaleschi dei vampiri, le stava davanti, arrogante.

"Oddio, no! Spike, dimmi che non sei tu!"

"Perché? Ti crea problemi, il fatto che sia io?"

Per un attimo Buffy credette di svegliarsi da quell’incubo, e ritrovarlo accanto a sé, addormentato, sofferente ma pur sempre umano. Solo dopo un attimo si rese conto che il suo era puro egoismo. Come tenere in gabbia un uccellino. Se a Spike faceva male essere umano, era normale che avesse voluto tornare demone. Non si poteva fargliene una colpa. Eppure, lei aveva sperato…

"Sì. Molti problemi…" Buffy si sforzava di non piangere.

Spike scoppiò a ridere sinistramente. "Be’, risolviteli. Ed ora vattene. Ho da fare. Anzi, prima prendi questa, vedi se vuoi ancora cucinarci!" Così dicendo si cacciò dal petto trafitto la posata d’argento che mancava all’appello, insanguinata fino al manico, e gliela porse.

Buffy sentì un conato di vomito, ma la prese tra le dita tremanti, stringendosela al petto come una reliquia.

Un foglietto di carta gli sfuggì dalla tasca del cappotto nero. Sopra, in calligrafia frettolosa ma curata, c’era scritto *Buffy*.

Buffy glielo sfilò dalla tasca.

"Eh?", fece Spike. "E quello cos’è?"

Buffy aprì la lettera e lesse avidamente le ultime parole dell’essere umano morente, mentre gli occhi le si riempivano di lacrime.

Cara Buffy,

tu sai che sono un codardo, e così ho scelto la via dei codardi. Non ce la facevo veramente più, a vivere a quel prezzo. Spero che capirai e mi perdonerai. E mi permetterai di usare, per la prima e ultima volta nella mia vita, un nome che mi piacerebbe così tanto fosse il mio.

Firmato

William Summers

P. S.= Qualunque cosa, dal momento in cui riperderò l’anima, io combini, ricordati che ti ho amato, e che ti amo ancora. Ricordati che anche dentro il demone smemorato ci sarà sempre un ricordo di questi mesi preziosi e del tuo amore. Un abbraccio fortissimo, chiedendoti perdono per averti lasciata così. Dai un bacio a Briciola da parte mia.

"Sì, Spike, lo farò.", disse Buffy, con le lacrime che le rigavano il viso. "Lo farò. E ti giuro che non gli parlerò di te come di un codardo.", continuò, accarezzandosi il ventre, che sembrava più gonfio, come se ospitasse qualcosa che prima non c’era.